La vita è quella cosa che ci accade mentre siamo impegnati a fare altri progetti.
Questo sta succedendo al Mabos, un incontro dopo l’altro, un progetto dietro l’altro. Camera Oscura è un progetto, per il Mabos e per me, sentitamente importante. Tutto è nato per caso, di sera, qualche anno fa, ritrovandomi tra le mani delle fotografie in bianco e nero, immagini scomode che a una prima acerba lettura sembravano poco riuscite, eppure così forti. Sul retro trovo un timbro: Mario Giacomelli, Franco Costabile, Il canto dei nuovi emigranti. Da quel momento mi si è aperto un mondo. Inizio a capire chi fosse Giacomelli, le sue serie fotografiche incredibili: Scanno, Io non ho mani che mi accarezzino il volto, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, solo per citare alcuni titoli. Poi, Il canto dei nuovi emigranti. Ora capisco che le fotografie, queste nello specifico, portano in sé un’essenza eterea e astratta, immagini volutamente imperfette, buchi e granuli, in poche parole piovono pietre. A quel tempo, di Costabile neanche la più lontana traccia nel mio apparato di conoscenze, e anche su di lui inizia la ricerca: libri, opuscoli, pubblicazioni. Ne emerge il profilo di un poeta schivo e inerme, che combatte con gli stessi macigni interiori delle fotografie di Giacomelli; un poeta universale che tratta argomenti posti ai margini dell’interesse, ma per lui vitali. Mi appassiono a questo incontro ideale tra i due e leggo che nel 1984 Giacomelli venne chiamato in Calabria a fare una serie fotografica che rappresentasse questa regione nella sua forma più arcaica, ma con chiari riferimenti e intenti turistici nelle volontà dei committenti. Diversi i paesi presentati all’artista, momenti d’aggregazione e scatti fotografici, che non convincono del tutto Giacomelli; gli sfugge in quel momento il senso del lavoro. Nell’anno successivo gli viene tra le mani e davanti agli occhi Il canto dei nuovi emigranti di Franco Costabile, poeta morto suicida a Roma venti anni prima, e capisce il motivo per cui deve tornare in Calabria. La rappresentazione comune di una Calabria desertificata nei suoi paesi interni, la trasformazione di un mondo contadino in qualcosa di non perfettamente compreso, la necessità di adeguarsi a un mondo che non aspetta. Il perché queste fotografie siano finite nelle mie mani rimarrà un mistero inestricabile, forse un momento necessario del mio percorso di vita, e di questa storia dell’incontro così straordinario tra due artisti enormi, uniti dal sentimento e dall’urgenza comune di guardare dentro le pieghe di un dramma e raccontarlo in versi e per immagini, vicino agli ultimi e a favore delle nuove generazioni.
Mario Talarico, fondatore MABOS
La Camera Oscura del Mabos
Il progetto “Camera Oscura” è, per il MABOS, uno spartiacque. Un momento di ricognizione e di riappropriazione di una storia e, insieme, un’apertura a tutta una serie di possibilità future.
La fortunata acquisizione di 25 fotografie giacomelliane, appartenenti alla serie fotografica “Il Canto dei nuovi emigranti” crea, anche fisicamente, all’interno del parco espositivo, una cesura: una struttura in legno lamellare e vetrate ospita la prima e importante collezione fotografica del MABOS, diventando così il precedente per possibili approfondimenti sull’universo fotografia, sicuri motivi di curiosità e sorpresa all’interno di un progetto d’arte ambientale già ben identificabile nel panorama regionale.
In collaborazione con la Fondazione – Archivio Mario Giacomelli, l’allestimento della “Camera Oscura” del MABOS, collocata in un punto strategico del percorso museale all’aperto, all’interno dell’Area Sacred Forms, è l’occasione per entrare in stretta relazione e interazione con il dialogo poetico tra i versi di Franco Costabile, che hanno ispirato la serie fotografica in questione, e la visionarietà di Mario Giacomelli.